Jack Lemmon, l’americano medio

Il suo vero nome era John Uhler Lemmon. Nasce a Boston l’8 febbraio 1925, in una agiata famiglia della media borghesia. Dopo essersi laureato alla Harvard University, studia recitazione a New York. Inizia l’attività artistica prima come pianista all’Old Nick Saloon, e dopo essersi fatto notare con partecipazioni alla radio, apparizioni in televisione e nei teatri di Broadway, viene scritturato dalla Columbia Pictures con un contratto a lungo termine, proprio quando questa consuetudine stava per essere abbandonata dalle case di produzione hollywoodiane.

Inizialmente limitato in commedie prive di originalità, dove è utilizzato in situazioni tipiche del classico bravo ragazzo travolto da mille avversità, nel 1956 ottiene il suo primo Oscar da non protagonista per il ruolo del guardiamarina ne La nave matta di Mister Roberts. La popolarità che ne consegue è alta, ma l’autentica consacrazione avviene dopo l’incontro con il regista Billy Wilder, il quale, nei personaggi, gli conferisce una duplice dimensione tra il comico e il drammatico, a rappresentare l’uomo medio americano, coinvolto e indaffarato nell’ambiente sociale, dove l’assurdo della quotidianità assume toni spesso grotteschi.

A qualcuno piace caldo (1959)

La definitiva consacrazione arriva attraverso le interpretazioni di A qualcuno piace caldo, nel 1959, travestito da donna assieme a Tony Curtis e L’appartamento, nel 1960, dove, trasformato in personaggio falsamente drammatico, si mostra nel ruolo del tipico impiegato in cerca di promozioni. A questi seguiranno altri 5 film con Wilder Irma la dolce (1963), Non per soldi… ma per denaro (1966), Cosa è successo tra tuo padre e mia madre? (1972), Prima pagina (1974) e Buddy Buddy (1981). Wilder ne apprezzò profondamente le capacità professionali e umane, e lo spinse a crearsi una maschera tra il comico e il drammatico, esaltando il suo dinamismo buffonesco, possibile soltanto in un attore di grandi potenzialità mimetiche.

Lavora anche con altri registi, in particolare Richard Quine che lo dirige in Una strega in Paradiso, nel 1958, accanto a Kim Novak e James Stewart, Attenti alle vedove, nel 1959, con Doris Day, L’affittacamere, nel 1962, di nuovo con Kim Novak, e Come uccidere vostra moglie, del 1965, accanto a una splendida Virna Lisi. Billy Wilder lo dirige accanto a Shirley MacLaine nella commedia L’appartamento (1960), Blake Edwards invece ne sfrutta prima il talento più drammatico ne I giorni del vino e delle rose, nel 1962, in cui Lemmon è un alcolista che trascina nel baratro la moglie, poi ne esalta l’esuberanza più comica ne La grande corsa, del 1965, per cui l’attore ottiene la candidatura al Golden Globe.

Nel 1966, con Non per soldi… ma per denaro, Wilder gli affianca Walter Matthau, altro attore particolarmente amato dal regista austriaco; Lemmon incontra così un compagno di scena che rispondeva perfettamente ai ritmi della sua recitazione. Con lui avrebbe costituito una coppia inseparabile in molti film da La strana coppia, del 1968, a Prima pagina e Buddy Buddy dello stesso Wilder. E poi Due irresistibili brontoloni, del 1993, That’s amore – Due improbabili seduttori, del 1996, fino a Gli impenitenti, del 1997. Sebbene avessero personalità contrapposte, li univa lo stesso senso dell’umorismo ed erano in grado di concludere le frasi l’uno dell’altro.

Sono stati fin dal principio una coppia perfetta, come Stanlio e Ollio, ha spiegato il giornalista Warren Cowan. “Sono stati un cartoon, due maschere dai caratteri agli antipodi e complementari: Jack il nevrotico, l’umiliato, Walter il vincente che fa la voce grossa e cela voglia di tenerezze”. Nel 1971 Lemmon aveva firmato la sua prima e unica regia, dirigendo proprio l’amico Walter Matthau nella commedia Vedovo aitante, bisognoso affetto offresi anche babysitter, in un ruolo che gli valse la candidatura all’Oscar.

Sindrome cinese (1979)

Nel 1973 Lemmon vince il suo secondo Oscar per Salvate la tigre, ma tra la fine degli anni ’70 e tutto il decennio successivo, nella maturità, cambia totalmente registro e si presta a progetti di carattere serio. Il kolossal di genere catastrofico Airport 77 gli offre l’opportunità di riversare il proprio talento sul versante drammatico. Si distingue poi in due magistrali interpretazioni in altrettanti film di scrittura politica: Sindrome cinese, del 1979, dove è il responsabile di una centrale nucleare e Missing – Scomparso, del 1982, dove interpreta un padre disperato, alla ricerca del figlio fatto sparire dai golpisti dopo il colpo di stato in Cile.

Americani (1992)

Gli anni ’90 rappresentano il crepuscolo di un attore mai del tutto abbandonato dal pubblico che lo ha sempre amato. Sa ancora distinguersi in tre film: Americani del 1992, America oggi, di Altman, del 1993 e Hamlet, di Branagh, nel 1996, prima di terminare la carriera in televisione, quella che lo aveva lanciato in gioventù. Sul piccolo schermo interpreta, fra gli altri, il remake de La parola ai giurati, nel 1997 e, due anni dopo, Ereditare il vento, remake di …e l’uomo creò Satana.
Lemmon, che suonava il pianoforte fin da bambino, incise anche due dischi e compose il tema per il film Tribute – Serata d’onore diretto da Bob Clark nel 1980, di cui fu protagonista.
Muore a 76 anni, per un tumore, il 27 giugno del 2001 ed è sepolto nello stesso cimitero in cui riposano l’amico Walter Matthau, scomparso l’anno prima, e Marilyn Monroe. Sposato all’attrice Cynthia Stone da cui ha avuto un figlio, l’attore Chris Lemmon, divorzia per unirsi nel 1962 ad un’altra attrice, Felicia Farr, che gli dà una figlia, Courtney, e rimane con lui fino alla fine.

«È difficile scrivere un buon dramma, e ancora più difficile è scrivere una buona commedia. Ma la cosa più difficile di tutte è scrivere una storia che sia insieme comica e drammatica. Praticamente come la vita»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal – cinematographe.it

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

8 pensieri riguardo “Jack Lemmon, l’americano medio”

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